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Egitto, Tunisia: cronache e commenti

Riprendiamo in questa pagina cronache e commenti,oggi, 30/07/2013,su Egitto e Tunisia. Dal GIORNALE la cronaca di Fausto Biloslavo. DalCORRIERE della SERA il commento di Roberto Tottoli, che ammette, dopo essersi fatto molte illusioni, il fallimento di una soluzione laica per i paesi arabi e musulmani. Da LIBERO, invece,un pezzo di Antonio Panzeri, preoccupato che in Tunisia fallisca quello che chiama ” l’esperimento ” dei Fratelli Musulmani. Niente di nuovo, l’abituale colonna del Panzeri è da sempre portarice della posizione araba, meglio se teocratica. Come si concordi con la linea liberale del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro rimane un mistero. Una vecchia amicizia ? Che abbiano fatto insieme le elementari ?

Ecco gli articoli:

Il Giornale-Fausto Biloslavo: ” Nel caos d’Egitto mancava solo la Ashton “

Fausto Biloslavo    C.Ashton voleva incontrare M.Badie, peccato non sapesse che è latitante

Gli islamici fedeli al presidente de­posto, Mohammed Morsi, hanno an­nunciato per oggi la «marcia dei marti­ri » con «un milione di persone in piaz­za ». Nell’Egitto sull’orlo della guerra civile è arrivata la baronessa Catheri­ne Ashton, la Vispa Teresa della diplo­mazia europea, che voleva incontra­re il lead­er dei Fratelli musulmani lati­tante rincorso da un mandato di cattu­ra. E come il prezzemolo sui focolai islamici è arrivato puntuale, Yusuf Qa­radawi. L’agitatore delle masse mu­sulmane pagato dal Qatar ha lanciato una fatwa, che impone ad ogni fedele del Corano il «dovere» di sostenere Morsi.
I Fratelli musulmani e gli altri grup­pi islamici che sostengono il presiden­te deposto hanno lanciato ieri un ap­pello per una grande manifestazione di piazza.L’«Alleanza anti golpe»invi­ta gli egiziani, nella notte fra lunedì e martedì, a dirigersi «verso le sedi del­la sicurezza per riconquistare la digni­tà » e vendicare «i martiri». Il partito Li­bertà e giustizia, braccio politico del­la Fratellanza, esclude che l’Egitto possa precipitare nella guerra civile come in Algeria negli anni novanta o in Siria, ma sta gettando benzina sul fuoco. I militari hanno lanciato volan­tini dagli elicotteri sulle «roccaforti» della protesta islamica al Cairo inti­mando ai manifestanti di rinunciare alla violenza e di stare lontani dalle ca­serme. Altrimenti i soldati apriranno il fuoco.
Nell’adunata prevista per oggi in no­me dei «martiri» (almeno 150 perso­ne sono già state uccise dall’inizio di luglio) basterebbe una scintilla per in­sangui­nare di nuovo la capitale e le al­tre città egiziane. Non a caso ieri è par­tito l’editto religioso di Qaradawi che ha chiesto le dimissioni dell’uomo for­te del paese, il generale Abdel Fattah al Sisi, nominato ministro della Dife­sa dopo il golpe del 3 luglio contro Morsi. L’agitatore islamico interna­zionale ha attaccato anche il papa dei cristiani copti ed il Gran sheik di Al Azhar, Ahmed Al Tayyeb, che non ap­poggia la ribellione contro i militari. Nella penisola del Sinai tuonano già le armi con due soldati uccisi da un commando di estremisti islamici do­po l’inizio di un’operazione militare che dovrebbe debellare le cellule del­la guerra santa.
In questo caos è arrivata al Cairo a fa­re da pompiere la baronessa Ashton. A nome dell’Europa voleva incontra­re Mohammed Badie, la guida supre­ma dei Fratelli musulmani. Peccato che sia ricercato da un mandato di cat­tura della procura egiziana assieme ai vertici del movimento. Lo stesso Ba­die ha risposto picche perchè prima avrebbe voluto vedere Morsi rinchiu­so nel carcere di Tora. La Ashton si è accontentata dei Fratelli non latitanti e poi ha incontrato il nuovo governo ed i rappresentanti dei manifestanti anti Morsi. Oltre ad Al Sisi, il generale per cui sono iniziate le raccolte di fir­me che puntano a candidarlo come nuovo presidente dell’Egitto. 

Corriere della Sera-Roberto Tottoli: “Fratelli Musulmani sempre più isolati (dai laici ma anche dai salafiti) “

Roberto Tottoli

I tragici avvenimenti dei giorni scorsi in Egitto confermano le intenzioni dell’esercito di proseguire nella sua offensiva contro i Fratelli Musulmani. È però un’operazione che prelude a un stagione di conflitti. Il ricordo della guerra civile algerina di vent’anni fa è ancora abbastanza fresco e ha troppe similitudini. Insieme a ciò, ed è la novità dell’oggi, la presenza nello stesso governo di militari, laici e salafiti è la prova di come la repressione in atto sia una scelta politica opportunistica che aprirà nuovi scenari.
Non solo in Egitto, ma in tutti i Paesi in cui governa, la Fratellanza Musulmana è accusata dai laici e sostenitori dei vecchi regimi di aver tolto diritti civili o di essere complice dello jihadismo. Dall’altra parte, i salafiti sono critici per tutt’altre ragioni: la accusano di non voler applicare la legge islamica fino in fondo. L’isolamento non potrebbe essere più evidente. In Tunisia, l’uccisione di Mohammed Brahimi segue di pochi mesi quella di un altro oppositore del governo islamico tunisino, Chokri Belaid. La notizia che l’assassino sarebbe già stato identificato non ha fermato proteste e scioperi contro Ennahda, il partito islamico. In Libia, assalti e saccheggi alle sedi del partito della Fratellanza Musulmana hanno seguito l’uccisione dell’avvocato al-Mesmary. Jihadisti sono gli attentatori, ma la rabbia esplode anche qui contro i Fratelli Musulmani.
Non è affatto casuale che ciò avvenga mentre la Fratellanza Musulmana in Egitto conosce uno dei suoi momenti di crisi più gravi. A pochi mesi dalle elezioni il vento pare decisamente cambiato. Laici, sindacati, esponenti dei vecchi regimi e gruppi salafiti di diverso orientamento convergono in modo inatteso in questi attacchi tra Libia, Tunisia e, soprattutto, Egitto. Queste strane convergenze denunciano un difficile e travagliato percorso verso la democrazia ma anche una buona dose di cinismo politico. Ed è il cinismo salafita che stupisce più di tutti: cambierà i rapporti di forza nella regione e aprirà molto prima del previsto una stagione diversa per l’Islam politico.

Libero-Antonio Panzeri: ” Non ci si può permettere che la Tunisia divenga un esperimento fallito “

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La Tunisia del Partito islamico Ennadha che piace a Libero
nell’immagine Rashid Ghannouchi

La tensione è alle stelle in Tunisia dopo l’uc – cisione di Mohamed Brahmi, un omicidio che ha seguito di pochi mesi quello di un’altra figura di spicco dell’opposizione secolare, Chokri Belaid. Le forze scese in piazza hanno fatto appello alla disobbedienza civile fino alla caduta del governo e allo scioglimento dell’Assemblea Costituente. Sembra per ora che sarebbero 64 su 217 i deputati che intendono ritirarsi. Se si arrivasse a quota 73, cioè un terzo, i lavori dell’Assemblea Costituente potrebbero definitivamente incepparsi. Siamo dinnanzi a un braccio di ferro che dalle piazze può estendersi ai palazzi del potere. Ma il punto sul quale riflettere è proprio questo. È innegabile che questi omicidi politici avvenuti senza che i responsabili siano stati assicurati alla giustizia alimentano gravi sospetti sulla mancata azione da parte del governo tunisino nel colpire le fasce estremiste. Se alla condanna e alle parole di riprovazione il governo tunisino non fa seguire i fatti, tutto diventa maledettamente problematico. Ma è doveroso chiedersi se sia opportuno che si spenga definitivamente l’unica «candela accesa » fra quei Paesi che hanno abbattuto le dittature. Se, cioè, si consentirà l’avvio di una fase di instabilità dalla quale non è dato sapere come se ne uscirà, o se invece non occorra mostrare nervi saldi. In concreto, se non sia necessario imporre i cambiamenti necessari alla Costituzione elaborata dall’Assemblea. Penso ad alcuni punti relativi alla libertà di espressione e dei media, o riguardanti il sistema politico semi-presidenziale e lo stesso capitolo giudiziario, che andrebbero rivisti e chiariti per evitare regressioni sul terreno dei diritti e conflitti politici poco gestibili. Spetta alle forze politiche tunisine e alla società civile esprimere con forza il proprio punto di vista per ottenere questi cambiamenti, per giungere in tempi stretti all’approvazione della carta costituzionale e all’indizione delle elezioni politiche. Del resto bisogna essere consapevoli che questa situazione politica, già notevolmente complessa, si innesta su un periodo di difficoltà economica. I dati della disoccupazione sono molto alti. Il settore turistico, pur essendo in ripresa, non ha ancora raggiunto i livelli di tempo fa. La questioneeconomica nonèaltra cosa rispettoalconsolidamento democratico. Anzi. Appare chiaro che più si rafforzeranno le politiche di sviluppo e più si rafforzerà la stessa democrazia. Per questo è importante accelerare l’azione sul piano delle riforme economiche e sociali per ridare una prospettiva di lavoro a tanti ragazzi e ragazze. Certamente, è molto difficile nella fase attuale, avere una visione razionale soprattutto in un Paese ancora immaturo dal punto di vista democratico. Ma questa sembra l’unica alternativa al caos. La situazione drammatica che sta interessando i diversi Paesi arabi non può vedere l’Europa silente; al contrario, l’UE deve giocare un ruolo attivo eda protagonista. Non possiamo permetterci il lusso che la Tunisia divenga un esperimento non riuscito. Le conseguenze sarebbero disastrose, e non solo per quel Paese.

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